Pompei al passo con i tempi – Elisabetta Povoledo – Internazionale

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Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico, studia l’organizzazione sociale dell’epoca romana, le questioni di genere e usa la tecnologia per limitare i danni causati dal clima
Nella necropoli di Porta Sarno, poco lontano dal confine orientale di Pompei, Mattia Buondonno, guida turistica, solleva un telone che protegge una tomba scoperta nel 2021.
Secondo l’iscrizione sul frontone della tomba, l’occupante era uno schiavo liberato di nome Marcus Venerius Secundio, che dopo essere diventato ricco “organizzava spettacoli in greco e latino lunghi quattro giorni”, mi spiega Buondonno traducendo dal latino.
“Qui vivevano persone provenienti da tutto il Mediterraneo”
All’interno della tomba, costruita pochi decenni prima dell’eruzione del Vesuvio del 79 dC che devastò Pompei, gli archeologi hanno trovato uno scheletro ben conservato. “È strano perché di solito gli adulti venivano cremati”, mi spiega ­Buondonno. La tomba è importante anche per altre ragioni: “Scoperte come questa danno nuove informazioni sulla vita quotidiana delle classi sociali più basse”, spiega Luana Toniolo, che si è occupata degli scavi del parco archeologico di Pompei. Un’epigrafe riassume la biografia di Secundio, che era stato custode del tempio di Venere e aveva studiato per diventare sacerdote, e fa luce sulle mansioni a cui gli schiavi liberati “potevano aspirare”, sottolinea Toniolo.
Per gli archeologi l’iscrizione della tomba è importante anche perché conferma una teoria che prima d’ora non era mai stata verificata, e cioè che a Pompei gli spettacoli erano presentati in greco, la lingua più usata nel Mediterraneo orientale. Ancora non è chiaro se si trattasse di spettacoli musicali o teatrali, ma oggi sappiamo che Pompei era una città cosmopolita.
Coinvolgere di più
“Ora abbiamo la certezza che qui vivevano persone provenienti da tutto il Mediterraneo”, spiega in un video sulla scoperta Gabriel Zuchtriegel, 40 anni, direttore del sito archeologico. Secondo Zuchtriegel era una società aperta e multietnica.
In passato i visitatori frequentavano le rovine di Pompei soprattutto per ammirare gli affreschi nelle grandiose residenze, affascinati dalla tragedia di un’antica civiltà che non aveva avuto nessuna possibilità di sopravvivere a tonnellate di ceneri, gas e lapilli. Ma Zuchtriegel, l’archeologo italo-tedesco che nel 2021 ha assunto la direzione del parco archeologico, spera che in futuro i turisti possano scoprire la città da una prospettiva più ampia, esplorandone le complessa stratificazione sociale. “Le risposte a molte domande possono arrivare da altri campi, come gli studi sul genere e quelli postcoloniali”, spiega Zuchtriegel. “Non dobbiamo dimenticare che le opere d’arte che ammiriamo oggi a Pompei appartengono a una società in cui c’era la schiavitù e non esisteva il concetto di stato sociale”.
Nuove testimonianze della difficile condizione degli schiavi sono emerse nel 2021 con la scoperta della Stanza degli schiavi, in una villa a nord della città antica. Nella piccola stanza ci sono tre brande (la più piccola forse destinata a un bambino), un vaso da notte e grandi anfore. Questo fa pensare che lo spazio fosse usato anche come deposito. La luce entrava solo da una piccola finestra in alto.
“A volte ti ritrovi improvvisamente vicinissimo alla realtà vissuta dalla maggioranza degli abitanti di Pompei”, spiega Zuchtriegel. “Penso che fosse una società estremamente dura”. Zuchtriegel deve ancora compiere molti passi per portare nel ventunesimo secolo un luogo rimasto “congelato” per duemila anni. “Dobbiamo trovare il modo di coinvolgere persone che hanno disabilità, bambini e visitatori provenienti da un contesto culturale diverso”, sottolinea. “Non parlo solo di eliminare le barriere architettoniche, ma del linguaggio che dobbiamo usare e di come far conoscere il sito archeologico”.
Sarah Bond, professoressa associata di storia dell’università dell’Iowa, negli Stati Uniti, spiega che “spesso gli archeologi seguono un approccio conservatore”. Ma ora è “felice di vedere che a Pompei le cose stiano cambiando”. Sempre più spesso gli studi sull’antichità si occupano di temi che un tempo erano trascurati, “come gli abusi sessuali e lo stupro, o la schiavitù”, sottolinea Bond. “È fantastico che gli archeologi a Pompei stiano affrontando temi come le questioni di genere, il lavoro forzato e la violenza”.
Tra le scoperte più sensazionali degli ultimi anni c’è quella di un thermopolium (antico luogo di ristoro), che ha permesso di conoscere i gusti culinari dell’epoca, tra cui spicca una zuppa di lumache, carne di pecora e pesce. “Era lo street food di Pompei”, spiega Zuchtriegel.
Nella cosiddetta Casa con giardino, vicina al thermopolium, un’iscrizione in carboncino ritrovata su una parete dell’atrio potrebbe datare l’eruzione del Vesuvio a ottobre anziché ad agosto come si pensava. “Avevamo già diversi indizi del fatto che l’eruzione avvenne in autunno: tracce di melagrana, vino fermentato e focolari in alcune stanze. Nessuno accende un fuoco in agosto”, spiega Nicola Meluziis, che lavora nel sito archeologico.
Gran parte dei lavori eseguiti nell’ultimo decennio fanno parte del Grande progetto Pompei. L’iniziativa da oltre 120 milioni di euro, finanziata dall’Unione europea, è partita nel 2013 per conservare meglio il sito archeologico dopo che il crollo di un edificio nel 2010 aveva innescato un dibattito internazionale sulla sua gestione. “Il denaro è stato speso bene”, conferma Zuchtriegel elogiando Massimo Osanna, il suo predecessore. “La sua è stata una svolta decisiva”.
Sarah Bond sottolinea che il nuovo corso ha portato anche a un cambiamento nella comunicazione: Osanna ha portato Pompei sui social network, annunciando le nuove scoperte su Instagram e Twitter, mentre prima queste notizie erano diffuse solo dopo essere apparse sulle riviste specializzate. “È stata coinvolta un’intera generazione che non aveva mai visitato Pompei”, sottolinea Bond. “I ragazzi hanno visto un post su Instagram e sono rimasti affascinati”.
A prescindere dalla presenza sui social network, Zuchtriegel deve affrontare diversi problemi legati all’attività sul campo, complicati dal cambiamento climatico. Il sito archeologico deve fare i conti con sbalzi di temperatura improvvisi e periodi di siccità alternati a piogge torrenziali. “Tutto questo aumenta lo stress subìto dalle strutture antiche e dagli affreschi. È molto preoccupante”.
La tecnologia – sensori, termocamere e droni – è usata per raccogliere dati e immagini e individuare potenziali problemi, come l’eccessiva umidità delle mura o l’attività sismica. “L’obiettivo è avere un quadro in tempo reale” per intervenire prima che sia tardi, spiega Zuchtriegel.
L’intelligenza artificiale e la robotica sono usate anche per assemblare gli affreschi della Casa dei pittori al lavoro, distrutta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. L’edificio si chiama così perché all’interno furono trovati pennelli e vasetti di pittura. E la scansione in 3d ha permesso di creare un modello dello scheletro di un cavallo scoperto nel 1938, individuando delle parti mancanti.
Tesoro d’informazioni
Le nuove tecnologie saranno importanti anche per spiegare ai visitatori un’area in fase di restauro. Si tratta della Insula occidentalis, che comprende diverse ville urbane costruite su un crinale affacciato sul golfo di Napoli.
Paolo Mighetto, l’architetto che gestisce il progetto, spiega che la sua squadra sta valutando il modo migliore per mostrare l’area al pubblico, magari usando ologrammi o forme di illuminazione interattiva. “Stiamo pensando a diverse soluzioni”. Già oggi c’è un’applicazione per gli smartphone che dà informazioni sugli edifici attraverso i codici presenti in tutto il sito archeologico.
Una villa nella Insula occidentalis, la Casa della biblioteca, custodisce un importante “tesoro” di informazioni, spiega Mighetto. La struttura testimonia duemila anni di sconvolgimenti: un forte terremoto nel 62 dC, l’eruzione del Vesuvio, i primi scavi a Pompei nel settecento (quando vennero realizzati tunnel sotterranei) e le deformazioni causate dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. “Possiamo apprezzare le tracce della successione degli eventi nel corso del tempo”, spiega Mighetto. “Il nostro compito è permettere ai visitatori di osservare i segni di questi eventi disastrosi attraverso le crepe e le deformazioni della muratura”, in modo che possano “capire meglio i drammi del passato”.
In un certo senso Pompei è sempre stata all’avanguardia delle nuove tendenze, “non sol0 nel campo dell’archeologia, ma anche nelle tecniche di restauro e nell’accessibilità al pubblico dei siti archeologici”, sottolinea Zuchtriegel. “E questo ha avuto un grande impatto”. ◆ as
Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati
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