Delpini e quelle stoccate contro Francesco: “Nemmeno Dio sa cosa pensano i gesuiti” – La Stampa

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Le ironie dell’arcivescovo di Milano sulla nomina a cardinale del vescovo di Como Cantoni: «Forse il Papa ha valutato che io abbia tanto da fare. Avrà immaginato che i bauscia non conoscono Roma»
domenico agasso
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L’arcivescovo di Milano Mario Delpini con il Papa
CITTÀ DEL VATICANO. Solitamente mite, prudente e riservato, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini sorprende la galassia cattolica pronunciando un duro e sarcastico attacco alle scelte cardinalizie di papa Francesco, pochi giorni dopo il concistoro celebrato in Vaticano. «Io senza porpora? Il Pontefice riterrà che io sia occupato – scandisce – Oppure che quei bauscia di Milano non sappiano dov’è Roma. Neanche il Padreterno sa che cosa pensino i gesuiti».
Il Pastore ambrosiano, mai promosso cardinale in una città dove solitamente arriva la nomina, lancia una stoccata – condita da ironia tagliente e battute – a Jorge Mario Bergoglio durante i «festeggiamenti» a un neo-cardinale. L’altroieri nel duomo di Como si è svolto il pontificale presieduto dal vescovo Oscar Cantoni, fresco di porpora. Era la prima messa da cardinale per Cantoni. E Delpini, alla guida della delegazione dei vescovi lombardi, ha preso la parola: «Mi faccio voce della Conferenza episcopale lombarda… Ci sono state delle persone un po’ sfacciate che si sono domandate perché il Papa non abbia scelto il metropolita (Delpini, ndr) per fare il cardinale e abbia scelto invece il vescovo di Como (gerarchicamente sottoposto, ndr)». Delpini crede che «ci siano delle buone ragioni per questo. Naturalmente interpretare il pensiero del Santo Padre è sempre un po’ difficile perché forse vi ricordate quell’espressione altissima di una sapienza antica che diceva che tre sono le cose che neanche il Padreterno sa: una è quante siano le congregazioni delle suore, l’altra è quanti soldi abbia non so quale comunità di religiosi e la terza è che cosa pensino i gesuiti. Ma in questa scelta mi pare si riveli chiaramente la sapienza del Santo Padre». Perché dunque ha optato per il vescovo di Como come «suo particolare consigliere? – si domanda il Presule del capoluogo lombardo – Io ho trovato almeno tre ragioni». La prima: «Il Papa deve aver pensato che l’arcivescovo di Milano ha già tanto da fare, è sovraccarico di lavoro, e quindi ha detto: bisogna che lavori un po’ anche il vescovo di Como, e quindi ha pensato di dare un po’ di lavoro anche a te (dice rivolgendosi a Cantoni, ndr)». La seconda: «Probabilmente il Papa ha pensato: quei bauscia di Milano non sanno neanche dov’è Roma, quindi è meglio che non li coinvolga troppo nel governo della Chiesa universale. E forse c’è anche un terzo motivo. Se mi ricordo bene, il Papa è tifoso del River (in realtà tifa per il San Lorenzo, ndr) che non ha mai vinto niente, e forse ha pensato che quelli di Como potrebbero essere un po’ in sintonia perché si sa che lo scudetto è a Milano». Il dettaglio surreale è che la scena inaspettata è avvenuta davanti allo stesso Cantoni, tra le risate malcelate degli altri vescovi lombardi, con imbarazzato abbraccio finale tra i due alti prelati.
La lista dei nuovi porporati creati all’ultimo concistoro conferma le intenzioni di Francesco manifestate fin dall’inizio del pontificato: ancora una volta ha individuato prelati di ogni latitudine, comprese le più remote e dimenticate, scardinando così gradualmente l’Italia-centrismo e l’euro-centrismo del conclave. E continuando a non tenere conto di quelle sedi che un tempo venivano ritenute tradizionalmente e automaticamente “cardinalizie”: in Italia Milano, Venezia, Torino, Napoli, Palermo, Genova.
Tra le reazioni al discorso di Delpini si registra quella di don Marco Pozza: «Un arcivescovo, quello di Milano, che sbeffeggia in pubblico il Papa e un confratello perché la sua sede è ancora senza porpora era un qualcosa che ancora ci mancava alla collezione. Nel frattempo, ufficialmente, si sta facendo il Sinodo per interrogarci sul futuro della Chiesa». Dalla curia milanese nessun commento ufficiale, nella convinzione che le precedenti dichiarazioni di Delpini su papa Francesco dimostrino che non c’è alcuna forma di critica malevola o antagonismo.
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