Di canzoni, carcere, giustizia e… funerali – L'Incontro

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L’Incontro
Periodico Indipendente fondato nel 1949 dall’avvocato Bruno Segre
Pioggia battente sull’Autostrada per Brescia. Il radiogiornale apre con la morte di Queen Elizabeth e poi King Charles III, figli, nuore, nipoti, annesse e connesse.
Non ho mai trovato interessanti le vicende della Royal Family, neppure quando ero in Gran Bretagna a studiare. Né i cappellini delle Signore, né le cappellate dei Signori.
Si profila di fatto un funerale che durerà dieci giorni. Penso tra me e me che, in effetti, c’è funerale e funerale. Proprio questo pensiero mi fa recuperare dal fondo della memoria una vecchia canzone in dialetto veneziano che parla del carcere di Santa Maria Maggiore.
C’entra. C’entra col funerale e c’entra con l’argomento-carcere. Me la ricordo in dialetto e la scrivo come me la ricordo, ma si comprende bene.
A Santa Maria Magior / quando el xè morto el Cardinal Urbani / xè ne rivà el prete / a domandarne schei par ‘na girlanda. / Basso de la rotonda / cela per cela el prete ne bateva / ma gnanca en ciodo se ghe donava”.
Prosegue la Canzone, che mi sgorga dalla memoria dopo decenni: “A Santa Maria Magior / quando el Banana el xè impicà in cela / non se g’ha visto el prete / ma gh’emo fato isteso ‘na girlanda. / Basso de la rotonda / ghe g’era fiori freschi p’el Banana / che el xè andà fora co la campana”. Morte “non importante”: suicidio di un detenuto, il Banana, che si è impiccato in cella. Scattano solidarietà, rispetto, commozione dei compagni di sventura. La Canzone di Alberto D’Amico fa parte del disco “Ariva i Barbari” del 1973 e si conclude – immancabilmente – con una riflessione generale. ”Bati Bati campana / uno de manco e ‘a società respira / bati che pasa i ani / e intanto i avocati fa’ cariera / bati anca Ti Signor, / ma col picon scoversi ‘sta galera / che ‘a giustissia / xè sototera”.
La Canzone è intensissima, la potenza selvaggia della voce di Alberto D’Amico ne fa un pugno in faccia. Il dialetto veneziano ne amplifica la suggestione. Canzone autobiografica, perché Alberto D’Amico in galera ci era passato: lo racconta in altre due canzoni.
Quel disco così “ruspante” e straordinario racconta la realtà della Venezia dei proletari.  “a Campo marte gh’avevo ‘e giostre / e a casa mia mancava ‘e finestre/ (…) e po’ l’inverno e po’ l’istà / co’ tanta fame e tanta vogia de robar / e a dodes ani in Mercerie (ndr: una delle calli più lussuose del centro di Venezia) / ‘na borseta xè pasada e g’ho tirà” (ndr: fulminea cronaca di uno scippo nel finale dell’agghiacciante “Copar i gati”).
È iniziata così la carriera piccolo-delinquenziale di un poeta, poi cantautore, che ci ha consegnato un autentico capolavoro su Venezia come “Cavarte dal fredo” con il quale 50 anni fa descriveva Venezia, ciò che sarebbe successo, ciò che poi è successo. Anche senza vedere la follia delle grandi navi da crociera che sfiorano Piazza San Marco e il Palazzo Ducale. Una canzone che Marco Paolini non ha potuto non utilizzare nei suoi spettacoli su Venezia.
Alberto D’Amico ha scritto ancora qualcosa di importante sulla galera. “Muri alti e inferiae / l’aria pasa rusinìa / no pasava le giornae / e mi gero soterà / (…) Te scrivevo Mama / a Santa Maria, / giuro, Vecia mia / non ghe torno più” (“Muri alti e inferiae”, sullo stesso disco). Pena estinta, esce di galera, ma c’è un conto da saldare.
Lui lo salda a modo suo e torna in galera.
Te scrivevo Mama, / xè sta una passìa / giuro vecia mia /no ghe torno più”.
La Canzone prosegue e racconta della speranza e della fiducia in una vita normale a pena scontata, ma fuori non c’è futuro: “Ma d’inverno una matina / col caìgo (ndr: la nebbia) dentro in boca / g’ho robà en paltò de lana / e in galera son tornà / (…) / ‘a giustissia, Mama, / m’ha ciapà la gola / da ‘sta malatia / no me salvo più”.
Lui, ma molti altri no. Ci ha lasciati nel giugno 2020: è morto a Cuba dove si era trasferito definitivamente da parecchi anni. Chissà. Forse anche col pensiero di Gino Donè, veneto di San Biagio di Callalta morto a San Donà di Piave, che ha combattuto la Rivoluzione cubana a fianco di Che Guevara e Fidel Castro. Lì per cercare di realizzare un sogno.
Poi le cose han preso la piega che han preso. Ma questa è un’altra storia…
Claudio Zucchellini
Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile. More by Claudio Zucchellini
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