Siani: «Chi ha vissuto in difficoltà sa che significa dover scegliere un altro prodotto al supermercato» – IlNapolista

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A La Repubblica: «Da bambino invitavo i compagni a studiare sul pianerottolo per evitare confronti con le case di chi se la cavavano meglio di me». 
La Repubblica intervista Alessandro Siani. E’ la voce narrante in “Via Argine 310”, il documentario di Gianfranco Pannone prodotto da Bartleby e Rai Cinema. Il titolo è l’indirizzo della Whirlpool, stabilimento della multinazionale
delle lavatrici a Ponticelli che per tre anni è stato la base della resistenza di 319 operai. Una lotta finita con il licenziamento. Il padre di Siani era operaio specializzato dell’Alfasud. Lui ha vissuto sulla sua pelle la cassa integrazione. Racconta cosa vuol dire crescere in una famiglia in cassa integrazione.
«Quando ero piccolo la fabbrica era un centro di condivisione delle famiglie operaie. Ricordo a Natale noi figli dei lavoratori andavamo in fabbrica per ritirare il regalo, la pista per le automobiline, la bambola. Cose semplici, ma c’era l’entusiasmo e la voglia di essere lì insieme. I primi spettacoli li ho visti grazie al Cral, gli operai che si vestivano da attori e facevano De Filippo. Sentivo le loro risate. Dopo trent’anni di teatro riconosco le risate: c’era voglia di stare bene».
Quanti anni aveva quando suo padre finì in cassa integrazione?
«Nove. Dalle parti mie si capisce presto. Licenziamenti, reintegri fino allo sfinimento. Gli sguardi con mia madre, la preoccupazione. Si fingeva una normalità che non c’era. Le vacanze, ridotte da settimane a giorni, la mancanza delle piccole cose. Chi vive in difficoltà sa che significa dover scegliere un altro prodotto al supermercato. L’ansia di rientrare nei conti, tirare avanti una famiglia. Una cosa che per me alcuni politici non conoscono, non riconoscono. Ricordo la voglia che aveva mio padre di lavorare. Al Sud spesso siamo accusati di non volerci impegnare. Non è vero. Quel desiderio di mio padre l’ho rivisto negli operai della Whirlpool che si vogliono alzare alle 5 di mattina».
Siani invitava gli amici a studiare sul pianerottolo.
«“Si sta più freschi”, dicevo, per evitare confronti con le case di amichetti che se la cavavano meglio di noi. Ho vissuto gli anni dei paninari: le Timberland, i giubbotti Moncler, tutte cose che non mi potevo permettere. Il problema nostro non era vestire da paninari, era il pane. Ma grazie ai miei mia sorella si è laureata, io mi sono iscritto all’università».

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